Contro ogni logica
Nei giorni scorsi il mio nome è tornato nelle cronache che hanno commentato la sentenza di condanna del Senatore Piccinelli pronunziata dal Tribunale di Bergamo.
Per me è una nuova ferita, che trovo ingiusta, perché vengo di nuovo colpevolizzato mezzo stampa. Chiunque ha la pazienza di leggere quanto segue, può capire che le cose non sono come vengono descritte nei giornali:
· Nel primo capitolo ricordo che ho avuto un processo, pieno, sono stato assolto, la sentenza è definitiva, è molto netta, non è stata appellata dall’accusa.
· Nel secondo spiego che oggi sui giornali si parla di un altro processo, che non mi riguarda, che non ha avuto disposizione il materiale della mia difesa, che non doveva valutare la mia posizione e che quindi può arrivare a conclusioni diverse. È normale, può sembrare strano, ma queste sono le regole processuali.
· Nel terzo, prendendo spunto dalle “prove” pubblicate sulla stampa, mostro quanta differenza ci sia tra quello che appare prendendo un pezzo delle informazioni e la realtà che invece emerge quanto si hanno tutti i pezzi del puzzle. È il capitolo più semplice e clamoroso, dove non serve alcuna competenza giuridica per farsi un’idea; quindi, spero che se ne prenda atto.
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Ho ben presente che leggere accuse contro di me è un godimento per molti, quindi scriverne fa vendere.
Infatti, quando a Febbraio 2021 il Giudice mi ha assolto da qualsiasi coinvolgimento sulla cosiddetta “maxi tangente”, molte persone, a Foppolo e a Bergamo, sono rimaste a bocca asciutta. Molta era la voglia di fermare la nostra iniziativa, chi per interesse personale, chi per antipatia, chi per prendere il nostro posto, quindi cosa di più ghiotto di vederci annaspare tra accuse di illecito?
Per oltre due anni, ogni articolo di giornale che mi dipingeva come complice è stato una ferita, ne ho contati ben 23, in cui immancabilmente ero indicato colpevole, prima del processo, prima di poter far valere la mia versione dei fatti.
Sin dall’inizio non ho voluto chiedere alcun rito alternativo, proprio per avere un processo completo ed assoluzione piena. Ho portato all’udienza preliminare una serie di riscontri documentali (perizie, atti, dichiarazioni, conteggi), idonee a dimostrare la mia completa estraneità.
Infatti, il Giudice, leggendo tutte le carte dell’accusa, compresi tutti i messaggi whatsapp o altro, e confrontandole con le nostre difese, fatte di perizie, atti, testimonianze, evidenze, riscontri, ha stabilito che “la chiamata di correità vacilla […] per crollare e disintegrarsi in relazione ai riscontri individualizzanti” e “impone la pronuncia di una sentenza liberatoria per non aver l’imputato commesso il fatto”.
Il Giudice ha usato una parola forte, i riscontri “disintegrano” l’accusa, perché effettivamente per quanto riguarda la questione della compravendita del sottosuolo abbiamo evidenziato errori di fatto, di conto, di logica, di tempo, di persone, tali che si è potuto dimostrare che la realtà dei fatti non poteva nemmeno assomigliare a quanto ipotizzato.
Essere prosciolti nell’udienza preliminare significa che il Giudice ha ritenuto che il materiale probatorio non consentisse alcuna alternativa e diversa decisione, nemmeno nel successivo dibattimento, tanto che ha concluso il giudizio nell’udienza preliminare senza farlo passare alla fase successiva. Significa che, letta accusa e difesa, non c’era proprio nessuna possibilità di ritenermi colpevole.
Questa sentenza di assoluzione non è stata messa in dubbio da nessuno. Se ci fossero stati dubbi, o elementi mancanti, l’accusa avrebbe potuto fare appello, che non è stato fatto.
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Il medesimo giudice ha invece disposto il rinvio a giudizio del Senatore Piccinelli. Ciò significa che quel giudice ha ritenuto completamente separata e distinta la mia posizione.
Quindi oggi stiamo parlando di un altro processo, che riguarda le stesse vicende ma vede coinvolte altre persone. In questo processo io non sono accusato, non partecipo, non posso e non devo difendermi da nulla. Ho scelto di starne completamente fuori, nonostante la difesa di Piccinelli mi avesse chiesto di testimoniare.
Per le regole della giustizia, in questo processo non è entrato nessuno dei documenti facenti parte della mia difesa. Nessuno dei fatti, perizie, atti notarili, dichiarazioni presenti nella mia memoria difensiva è stato letto o valutato dal Tribunale in questo processo. I giudici, per la parte che mi riguarda, hanno avuto a disposizione solo ed esclusivamente il materiale dell’accusa, nessun materiale difensivo.
Inoltre, in questo processo non c’è nessun elemento nuovo per quanto riguarda me, non ci sono nuove evidenze o indizi rispetto al mio processo, l’unica differenza è che manca completamente il fascicolo di difesa.
Questo fa tutta la differenza, non è difficile da capire. Credo che sia naturale che se si legge solo il materiale dell’accusa si arriva a conclusioni diverse dal leggere accusa e difesa. Quindi non c’è nulla di strano che questi giudici si siano formati un’opinione diversa rispetto al giudice che mi ha assolto.
Non so perché i processi funzionino così “a compartimenti stagni”, né mi interessa, queste sono le regole, non ho nulla di cui lamentarmi, perché in questo processo io sono estraneo. Non è questo il processo per determinare la mia colpevolezza o assoluzione. Quella è stata già decisa, in altro processo, dopo aver analizzato gli stessi elementi di accusa, ma mettendoci a fianco anche gli elementi della mia difesa.
Non trovo giusto, non è giusto, che i giornali si esprimano sulla mia persona commentando l’esito di un giudizio (peraltro di primo grado quindi non definitivo, diversamente dal mio) in cui non sono stato parte.
Il pubblico non può conoscere l’enorme differenza che c’è tra una sentenza e l’altra. né tenere nella dovuta considerazione che la sentenza che mi ha assolto è definitiva mentre l’altra, della quale mio malgrado debbo parlare, non è nemmeno tale, è solo di primo grado.
Il pubblico non sa che questa sentenza che non mi riguarda e si è formata con i soli elementi dell’accusa, mentre l’altra sentenza è l’unica che mi riguarda e si è formata sulla base di accusa e difesa.
Ma il giornalista di cronaca giudiziaria la differenza la capisce molto bene e dovrebbe tenerne conto. Non sono due cose equivalenti, non sono nemmeno paragonabili.
Eppure, ora sui giornali si vuole rovesciare la realtà, facendo intendere che la sentenza propria che mi riguarda è un errore e che la verità sta nella sentenza che non mi riguarda. Questo, secondo me, non è civile, non è corretto.
Quando poi, per appiccicarmi un’etichetta diffamatoria, il giornalista si inventa persino la categoria della colpevolezza “ per smacco morale”, quindi un qualche cosa che va oltre il diritto e la ragione, allora secondo me si smaschera un pregiudizio. Che fa persino sorridere, sembra emergere una voglia repressa di dichiararmi colpevole a tutti i costi, fino a perdere la bussola e arrogarsi il diritto a rilasciare patenti di moralità.
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Il problema di riportare solo l’accusa, senza la difesa, è esemplificato dai messaggi whatsapp citati.
Il giornale scrive che c’è un whatsapp “di Martignon, del Luglio 2018, nel pieno dell’indagine, che fa riferimento proprio al milione di euro che incredibilmente Berera ha tirato su”. Wow, questo whatsapp sembra proprio un forte riscontro.
Peccato che il whatsapp è del 20 luglio 2016 (vi ricordate l’incendio agli impianti, la corsa a fare la cabinovia, la colletta di 1 milione dei bergamaschi e di 1 milione dei foppolesi?) e dice:
- Martignon: “Anche Beppe ha tirato su 1 mil ... sembra incredibile …”
- Collega: “Questi bergamaschi ci tengono a Foppolo allora …”
- Martignon: “Si fa la cabinovia cazzarola, che culo!”
Vi sembra ancora un forte riscontro, ora che c’è la data giusta e l’intera conversazione? Siamo d’accordo che non può c’entrare nulla con la “maxi tangente”? Questo è un equivoco, che nasce da utilizzare un messaggio eliminando i due che seguono e non accorgersi della data. Facilmente risolto.
L’analisi dell’altro whatsapp, quello in cui dico di non fare entrare nessuno nei nostri uffici per paura che ci infilino un fascicolo per inguaiarci, è persino paradossale: siamo stati noi ad evidenziare quella conversazione nelle memorie difensive! È l’evidenza che, saputa la notizia dai giornali, non abbiamo nulla da nascondere e non siamo preoccupati delle perquisizioni fatte nei giorni precedenti e che potrebbero fare a noi nei giorni successivi, siamo solo preoccupati che non ci sia qualcuno che si inventi qualcosa e la infili dentro i nostri uffici. Quindi è una prova a mio discapito, che dimostra la mia estraneità.
Non è per nulla un whatsapp “inedito”, è stato visto ed evidenziato, non solo da noi, ma anche dagli investigatori della Guardia di Finanza, che nelle annotazioni riepilogative delle indagini, spiegano la conversazione così: “successivamente alle notizie stampa, i due interlocutori manifestano i propri timori circa eventuali azioni dolose che potrebbe perpetrare Vistalli a loro danno finalizzate ad ottenere un loro coinvolgimento nella vicenda”. Quindi già nelle indagini la conversazione era stata capita correttamente, È incredibile che ora se ne voglia stravolgere il senso!
Rivediamola nel dettaglio, perché non mi capacito come si possa interpretarla in modo diverso.
Innanzitutto, si deve sapere che è un dialogo del 27 luglio 2018, quindi successivo alla notizia dell’indagine in corso, divulgata della stampa il 25 luglio 2018. Nei giorni 25, 26, 27 erano usciti svariati articoli su confessioni, perquisizioni, accuse, interrogatori; ogni mattina i giornali parlavano della “maxi tangente”, dandola come un fatto certo e riscontrato. Quindi se io faccio riferimento alla “tangente” non c’è nulla di strano, non è una rivelazione: sto parlando di quello di cui tutti stanno parlando in quei giorni, scoprendolo dai giornali.
Qual è la nostra reazione alle notizie stampa? Eravamo talmente sbalorditi e increduli che avevamo paura ci fosse un complotto per incastrarci. Nei giornali leggevamo di persone completamente sconosciute che ci accusavano, per cose di cui non avevamo la minima idea.
Quindi, quando vengo a sapere che Vistalli vuole, proprio in quei giorni, accedere agli uffici (di sua proprietà, in affitto a noi per gestione impianti), cosa che sarebbe stata normalissima in altre circostanze, la mia reazione è di dire ai colleghi di bloccare e sigillare tutto e non permettere alcun accesso, prima che ci abbiamo capito qualcosa, avendo paura che ci sia una folle macchinazione contro di noi (e mi scusi Vistalli se in quei momenti ero un po’ paranoico).
Mi domando: cosa c’è di strano in questa reazione? A me sembra la fotografia di una persona che legge i giornali una storia incredibile in cui viene coinvolto, non ci sta capendo nulla, si aspetta di tutto, ma in particolare si aspetta una perquisizione e quindi giustamente non vuole che nessuno entri negli uffici e si insospettisce se qualcuno vuole entrare. Questo è esattamente quello che farebbe qualsiasi persona innocente in quella situazione. Che altro avrei dovuto dire? “Non preoccupiamoci, facciamo entrare negli uffici chiunque, così poi se subiamo una perquisizione magari trovano carte che non sono nostre”?
In quella conversazione whatsapp io dico “ora non entra nessuno, mettiamo i sigilli, e nessuno tocca nulla per impronte”. Vi sembra qualcuno che ha qualcosa da nascondere o ha paura di quello che gli investigatori possono trovare in una perquisizione?
Tutto questo è evidenziato nella nostra difesa. E abbiamo evidenziato che gli inquirenti hanno analizzato cinque anni di messaggi, email, files, tutto il mio archivio, tutta la mia vita dal 2014 al 2018 e questo è l’unico messaggio che si riferisce a questa vicenda. Succede dopo che ne vengo a sapere dai giornali. È il messaggio di uno che si trova coinvolto in qualcosa in cui non c’entra, si preoccupa, giustamente, e si comporta come normalmente si comporta uno che non c’entra.
Mi è sembrato utile entrare nel dettaglio dei due whatsapp, perché questo è l’esempio di cosa succede in un giusto processo: l’accusa solleva delle evidenze accusatorie e la difesa spiega la propria versione. A volte non c’è nemmeno contrasto, la difesa serve a spiegare cose che all’accusa mancano. Nel caso di questi due whatsapp, in poche righe, l’equivoco si risolve, penso che quanto sopra lo dimostri.
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Concludo: basta, non ne posso più. Capisco che sulla stampa Martignon colpevole vende molto più di Martignon innocente. Ma le cose non stanno così.
Su di me, per due anni sono stati scritti dozzine di articoli colpevolisti a nove colonne. Tutti sbagliati, tutti diffamanti, perché poi è arrivata l’assoluzione, che è stata messa in un trafiletto. Ora si ricomincia con articoli colpevolisti in prima pagina. C’è una civiltà dei fatti e del diritto, io non sono colpevole, non è onesto continuare a tirarmi in ballo in questa vicenda.